Ferrari 250 GT: le due anime della “Tour De France”

Oggi gli amici del RIVS – Registro Italiano Veicoli Storici (www.rivs.it) ci propongono la descrizione di uno dei gioielli di animo italiano: la Ferrari 250 GT.


Il Tour de France: una corsa su 5383 km di strade francesi, una cinque giorni la cui prima edizione risaliva al 1899, una competizione che vedeva fronteggiarsi i migliori piloti alla guida delle migliori vetture. Era una gara che metteva a dura prova sia la resistenza che la versatilità dei veicoli, un percorso faticoso che a volte meno del 30% dei partecipanti riusciva a completare. Non c’è da stupirsi, dunque, se, quando la Ferrari 250 GT, modello appena entrato in produzione, guidata da Alfonso de Portago/Edmont Nelson, vinse il Tour de France nel 1956, gli appassionati non persero tempo e decisero di caratterizzare con il nome del mitico evento il cavallino vincente. Fu così che l’appellativo “Tour de France” finì per identificare le Ferrari berlinetta prodotte dal 1956 al 1959, in 45 esemplari e cinque serie.

Il prototipo di quello che sarebbe diventato uno dei pilastri del fascino Ferrari era stato prodotto nel 1954: una serie di meravigliose coupé da competizione con la carrozzeria realizzata su misura da Pininfarina. Ma rispetto a questa precedente Ferrari 250, la “Tour de France” del 1956 aveva un telaio tubolare più forte, con sospensioni e bracci trasversali, molle elicoidali e ammortizzatori al posto delle classiche balestre ellittiche. 

Anche il motore aveva subito delle modifiche, a causa delle restrizioni imposte dopo il grave incidente del 1955 a Le Mans. Nel tentativo di ridurre gli incidenti ad alta velocità, infatti, venne deciso che il motore dei veicoli da corsa poteva essere massimo da tre litri, ma nonostante questo, il motore V12 della 250 GT Berlinetta disegnato da Gioacchino Colombo, il più piccolo dei due costruiti dalla Ferrari, era comunque in grado di supportare 240 cv con 7000 giri/min e raggiungere una velocità massima che andava dai 210 ai 240 km/h a seconda dei rapporti. Grazie alle dimensioni ridotte del motore, che aveva un singolo albero a camme in testa per bancata di cilindri, il telaio tubolare poteva avere un passo di 2600 mm. Un’altra sigla non ufficiale, infatti, con la quale la Ferrari 250 GT è conosciuta tra gli appassionati è LWB (Long Wheel Base), introdotta quando un telaio più corto, di 2400 mm, sostituì il classico Tipo 508 nel 1959, dando vita ai modelli SWB (Short Wheel Base).




Il propulsore della FerrariTour de France” originale era abbinato ad un cambio di velocità a quattro marce completamente sincronizzato, che poteva presentare una leva di comando o centrale o decentrata. Sulle versioni a partire dal 1958 venne, invece, installato un cambio migliorato, provvisto di comando centrale. Il moto è trasmesso da un albero al ponte rigido posteriore, disponibile con diversi rapporti. La vettura condivideva con le 250 GTBoano” e “Ellena” le parti meccaniche come sospensioni, freni a tamburo e sterzo.


La maggior parte delle carrozzerie delle 250 GTTour de France”, completamente in alluminio, fu realizzata nella Carrozzeria di Sergio Scaglietti, sulla base di quattro disegni di Pininfarina. Anche la Zagato, casa milanese famosa per la leggerezza delle sue strutture, carrozzò alcuni esemplari particolarmente potenti, guidati poi da Camillo Luglio. Questa lavorazione artigianale di carrozzeria fece sì che non ci fossero due 250 GT uguali tra di loro, fatto agevolato anche dalle progressive modifiche che venivano incorporate nel telaio e nella stessa carrozzeria anno dopo anno. La prima serie aveva delle forme più tondeggianti, che successivamente diventarono più spigolose nelle serie seguenti, riconoscibili anche dalla forma dei fari e dal numero di sfoghi per l’aria sui montanti.


Ma la Ferrari non aveva prodotto solo un’auto da corsa: la “Tour de France” era soprattutto una Gran Turismo, una vettura a proprio agio sia in pista che sulla strada, un’anima bivalente in perfetto equilibrio. Per adattarsi a questa sua natura, alcuni dettagli della carrozzeria vennero ritoccati: negli esemplari destinati all’uso stradale vennero aggiunti i paraurti sul frontale, e i finestrini discendenti delle versioni da competizione divennero scorrevoli in quelle da strada. Anche l’abitacolo, a seconda della destinazione, poteva essere più o meno raffinato. Rimane la stessa in entrambi le varianti, invece, la strumentazione a cinque elementi circolari, con tachimetro, contagiri, manometro dell’olio, orologio e termometro dell’acqua: gli strumenti sono gli stessi della Lancia Aurelia, mentre gli interruttori e le spie provengono dai modelli Fiat.


Due vittorie al Mille Miglia nel 1956 e 1957; la Targa Florio nel 1957; 12 ore di Sebring nel 1958; la 24 ore di Le Mans nel 1959; altre due vittorie alla 1000 km del Nurburgring nel 1959 e 1960  e, ovviamente, le quattro al Tour de France, la rendono uno de modelli più vincenti di tutti i tempi: una lista che sembra uscita da un libro dei sogni. Berlinette da competizione diventate un mito senza tempo, molto popolari sia tra professionisti che tra dilettanti, che le guidavano sia su pista che su strada. Dopotutto, erano delle Gran Turismo. Delle meravigliose Gran Turismo.